piccoli-animalisenzaespressione-foto-Dimitri Niccolai-Tenedle(foto Dimitri Niccolai Tenedle)

Uscirà il prossimo 2 maggio per Materiali Musicali / Surround con distribuzione GoodfellasSveglio Fantasma”, nuovo lavoro dei Piccoli Animali Senza Espressione. Il terzo disco della formazione toscana – a tre anni dal precedente “Cerco casa vista Marte” – è stato prodotto da Dimitri Niccolai Tenedle e vede la partecipazione in qualità di ospiti di Nabil Salameh dei Radiodervish in “Luminoso” e del maestro e amico Mauro Grossi al piano in “Tracce separate”.

Anticipato nelle scorse settimane dal video di “Come il quadrato”, “Sveglio Fantasma” è con tutta probabilità il disco più elettronico dei P.A.S.E., anche se la presenza delle macchine non è mai invadente e condivide gli spazi con gli strumenti a corda e il piano. Ma soprattutto “Sveglio Fantasma” sviluppa in modo più compiuto e intenso che mai l’idea di pop della band, un songwriting dalle architetture complesse eppure immediate, dove le parole cariche di significati e straordinariamente evocative stanno al centro della scena e volteggiano come falene insieme alla voce. L’unione di questi elementi “cerca universi paralleli, fatti di cerchi e quadrati, di punti e linee, di luoghi al di là della mente.

[tube]https://www.youtube.com/watch?v=xaHQE2E3gGs[/tube]
https://www.youtube.com/watch?v=xaHQE2E3gGs

E’ questa in fondo la definizione migliore per descrivere tracce che ascoltano vibrazioni di particelle cosmiche e aprono varchi invisibili nell’universo abitato da chi ormai non è più presente nella nostra vita (“La teoria delle stringhe”). Oppure s’ispirano a una foto d’epoca e al paesaggio languido della laguna di Venezia (“La mia parte lagunare”). Per poi ritrovarsi ad essere “Come il quadrato” di Flatlandia, o a seguire i viaggi di Kandinsky dalla Russia all’Oriente (“Luminoso”) e i movimenti di Kafka per le vie di Praga (“Vicolo d’oro”). Ricercando poi le proprie origini negli odori dei mercati, negli smalti delle ceramiche di una città di porto, di “Oltremare”, liberi di riconoscerci in ciò che è oltre (“Il punto e la linea”). Prima che un pianoforte concluda il viaggio di queste molteplici “Tracce separate” con i loro “disegni delle immagini della mente, gli echi dal sovrasensibile, i canti degli uccelli, le tracce da ascoltare e ricomporre in equilibrio e geometria.

Sono canzoni dalla forza sottocutanea quelle dei P.A.S.E.: si nutrono di i suoni che rievocano luoghi – i synth e il moog per l’Oriente, l’oboe per Venezia e un basso trascinato, quasi fosse un violoncello, per Praga – tratteggiano scampoli in ombre e luci di una ricerca esistenziale e si lasciano cantare quando meno te lo aspetti. Forti delle loro melodie piacevoli e inusuali, della loro essenza nobile eppure vicina a chi ascolta e vive. Pop, nel senso più alto e armonioso del termine.

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